Rifiuto Cessione del Quinto: Motivi Rifiuto datore o azienda

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Una delle principali paure nel dipendente pubblico o privato che chiede un prestito, è il rifiuto cessione del quinto, cioè vedersi respinta la domanda di finanziamento.

In realtà, non è così semplice vedersi rifiutata la cessione del quinto se si hanno i requisiti giusti, anche se è giusto approfondire per capire quali sono i rischi.

Motivi Rifiuto Cessione del Quinto

Obblighi datore di lavoro e azienda

La legge prevede degli obblighi ben precisi a carico dell’azienda presso cui il dipendente lavora e del datore di lavoro quando si parla di cessione del quinto, e dice che egli non può assolutamente rifiutarsi di firmare tutti i documenti necessari alla concessione di questo prestito personale al suo dipendente.

Ma andiamo con ordine e vediamo quali sono gli obblighi del datore di lavoro:

  • non si può opporre alcuna resistenza nella concessione della cessione del quinto;
  • puntuale pagamento delle rate;
  • messa a disposizione del TFR come garanzia;
  • presentazione di tutta una serie di documenti pensati per dimostrare la solidità della sua azienda.

Per prima cosa, il datore di lavoro non potrà opporre alcuna resistenza alla concessione del quinto in sé, nel senso che egli non può rifiutarsi di voler “appoggiare” la richiesta del suo dipendente.

Inoltre, il datore di lavoro dovrà garantire il pagamento puntuale delle rate periodiche. Si, perché nel caso della cessione, il pagamento delle rate viene fatto dal datore di lavoro tramite una trattenuta sullo stipendio del suo dipendente (che dunque, ogni mese incasserà il netto). Tale pagamento potrà essere fatto tramite bollettini postali o con addebito diretto sul conto corrente.

L’imprenditore, dunque, dovrà pagare le rate alla società finanziaria, a pena multe e sanzioni.

Nonostante questo, potrebbe capitare a volte che, alla fine del prestito, ci siano delle rate non pagate. In questo caso ne risponde anche il datore di lavoro, che tra l’altro ha l’obbligo di produrre delle dichiarazioni regolari che attestano l’effettivo versamento delle rate.

Cassa Integrazione

Essere messi in cassa integrazione e poi fare domanda di cessione del quinto potrebbe essere un motivo di rifiuto.

Leggi il nostro articolo sui prestiti con cassa integrazione per saperne di più.

Requisiti cessione del quinto

Una delle condizioni fondamentali per non avere il rifiuto della cessione del quinto è possedere tutti i requisiti necessari per poter fare domanda ed averla.

Rifiuto della compagnia assicurativa

Una delle cause più frequenti di rifiuto della cessione del quinto è se la compagnia assicurativa non accetta di coprire il dipendente che fa domanda del prestito.

Sappiamo che la cessione del quinto prevede per legge la stipula di due assicurazioni a copertura del dipendente, e che senza di esse nessuna banca concederà il finanziamento:

  • assicurazione sulla vita;
  • assicurazione sul rischio perdita impiego.

Le compagnie assicurative valutano con attenzione la situazione personale del richiedente prima di decidere di dargli la copertura o meno.

Tra i motivi per cui un’assicurazione potrebbe rifiutarsi di concedere la copertura ci sono:

  • età avanzata del richiedente, nel caso di prestiti per pensionati;
  • una condizione di salute particolarmente rischiosa (in generale avere una patologia non è causa di esclusione dalla copertura assicurativa, ma ogni assicurazione valuta caso per caso);
  • nel caso della polizza “rischio impiego”, ogni compagnia assicurativa fa un’analisi di affidabilità dell’azienda presso cui il dipendente lavora e valuta se essa è solida o meno.

Garanzie del finanziamento

Il TFR dev’essere messo a garanzia del prestito, dato che nel caso di insolvenza o di impossibilità di pagamento delle rate (ad esempio, se l’azienda fallisce), la banca o la società finanziaria possono “aggredire” il Trattamento di Fine Rapporto per riavere le somme prestate.

Infine, i datori di lavoro devono presentare alcuni documenti necessari per dimostrare la solidità aziendale, come ad esempio:

  • la retribuzione mensile del dipendente (che si può attestare anche dalle buste paga);
  • le informazioni sul TFR maturato dal dipendente;
  • le informazioni sulle trattenute previdenziali (INPS) ed assistenziali (INAIL), oltre che quelle relative all’IRPEF;
  • una certificazione che attesta la stabilità finanziaria dell’azienda
  • una certificazione che metta in evidenza il grado di rischio di perdita di lavoro da parte del dipendente.

In conclusione, dunque, confermiamo che il datore di lavoro non può legittimamente opporsi alla cessione del quinto del suo dipendente, mentre può farlo nel caso di prestito delega, ovvero doppio quinto.

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